La corretta gestione dei pini. Intervista a Giovanni Morelli, tra i massimi esperti di pini in Europa
Fratello Albero intervista il
dott. Giovanni Morelli, arboricoltore e agronomo naturalista, esperto di
valutazione di stabilità degli alberi, tra i massimi esperti di gestione di pini in
Europa.
I pini mediterranei (Pino d’Aleppo, Pino domestico e Pino marittimo)
sono alberi complessi che non tutti sanno decifrare. Quali sono le principali
caratteristiche botaniche che rendono questi alberi così speciali e
particolari?
I Pini mediterranei sono specie ad attitudine spiccatamente
ruderale, specializzati per sopravvivere in terreni poveri ed incoerenti, purché ben areati fino in profondità. La loro anatomia e la loro
biologia si sono dunque affinate attraverso milioni di anni per garantire tanto
l’approvvigionamento di acqua e sostanze minerali che la stabilità strutturale in condizioni
così
particolari. L’apparente complessità di questi alberi, la loro enigmaticità potremmo dire, deriva proprio dal fatto
che, spesso, li costringiamo a vivere in condizioni assai lontane da quelle per
le quali si sono evoluti.
Ormai la cronaca ci parla, a
ogni maltempo, di schianti disastrosi di pini su cose e persone. Ci sono
vittime e ci sono danni ingenti. Quali sono i difetti più evidenti di un pino?
I “difetti”, cioè le caratteristiche di un albero che possono essere messe in
relazione peggiorativa con la sua stabilità, per un Pino sono soprattutto quelli che
ci parlano di disturbi cronici o acuti arrecati alla sua anatomia. Purtroppo,
queste caratteristiche non hanno valore assoluto, ma sono da porre in relazione
tanto con la specie che con l’evoluzione individuale dell’albero considerato.
Per questo motivo, una corretta interpretazione strutturale dell’albero non può prescindere dalla conoscenza
delle sue peculiarità specie-specifiche; in altre parole, quella che può essere una caratteristica
auspicabile in un Tiglio, può configurarsi come un grave difetto in un Pino.
Spesso per analizzare la salute di un pino ci si limita alla sola
analisi visiva. Può bastare oppure è necessario approfondire? E quali sono le
più importanti analisi strumentali per valutare la stabilità di questi alberi?
L’analisi visiva rappresenta il primo ed imprescindibile
passaggio diagnostico di qualunque protocollo analitico, tanto da risultare
spesso esaustiva, purché condotta alla luce di adeguate conoscenze circa le
caratteristiche di ogni specie. Quando, tuttavia, l’analisi visiva non permette
di completare il percorso diagnostico sono necessari approfondimenti
strumentali che, nel caso dei Pini, dovrebbero essere condotti principalmente
mediante prove a trazione controllata. Il ricorso ad altri protocolli
operativi, ovvero ad altri strumenti (dendrodensimetri o tomografi, ad
esempio), trova infatti giustificazione solo nel caso, peraltro piuttosto
infrequente nei Pini, in cui si sospettino processi degenerativi occulti.
Il pino mediterraneo, pur
essendo simbolo del paesaggio italiano, è sotto attacco in tanti Comuni perché
ritenuto specie arborea con “radici superficiali” e quindi molto
instabile. Che tipo di apparato radicale ha un pino?
Il Pino domestico in condizioni naturali presenta un robusto e
profondo fittone in continuità con il tronco, una corona di radici fascicolate con inserzione
flessibile sul colletto ed una pletora di radici avventizie senza direzione
preferenziale di crescita, soggette ad un continuo ricambio. Proprio le radici
avventizie sono poi responsabili della formazione dei famigerati “noduli”,
strutture in grado di fungere al contempo da divaricatori tra strati di
substrato impenetrabili e da elemento di coesione tra elementi rocciosi o
ghiaiosi dispersi in una matrice più fine. Si tratta di una organizzazione anatomica formidabile,
che garantisce la stabilità dell’albero anche in terreni privi di coesione, permettendo al
contempo di sfruttare al meglio le risorse del substrato.
Il pino mediterraneo può essere coltivato in città oppure è un
albero da piantare esclusivamente in campagna o nei parchi, come dicono tanti
Comuni e addetti ai lavori?
Gli uomini hanno convissuto per secoli con i Pini. I Pini non
sono cambiati e nemmeno gli uomini, sono cambiate le città. Semplificando un po’
potremmo dunque dire che il problema è uno solo e si chiama interferenza a livello degli apparati
radicali: scavi, fresature, compattamento, disordini idrologici; non una, ma
dieci, cinquanta, cento volte sugli stessi alberi. Personalmente penso che
relegare i Pini nei contesti rurali sia una sorta di resa ingiustificata. La
risposta corretta, a mio giudizio, risiede nello stabilire nuovi canoni di
progettazione e nel garantire il rispetto dell’esistente. Si può fare, basta convincersi che
ne vale la pena.
In città i pini mediterranei
subiscono continue torture e stress da parte della cementificazione dei suoli e
degli spazi vitali. Quali sono gli errori più comuni?
Come dicevo, i Pini sono specie ruderali e non si curano molto
della cementificazione. Semplicemente, se li costringiamo a livello radicale,
evadono. Purtroppo, la risposta più comune a questa evasione è la mutilazione delle radici; mutilazione
che poi si ripropone ad ogni scavo per la riparazione o la posa dei
sottoservizi. La relazione tra danneggiamento radicale e stabilità dei Pini è ben nota; quindi, o
smettiamo di scavare, o rinunciamo ai Pini o decidiamo di regolamentare gli
interventi. Avere un “Regolamento scavi” efficace, istituire una banca dati
anagrafica affidabile degli scavi stessi, pretendere che professionisti
preparati presiedano ai lavori per valutare l’impatto delle opere sull’albero
che le subisce sono strumenti già oggi adottati da diverse amministrazioni. E poi, ovviamente,
servirebbe una progettazione competente e lungimirante …
Si parla molto di pessimo allevamento in vivaio dei pini e di
errata piantagione. Quali sono le corrette cure colturali per farli crescere in
salute?
Le attuali pratiche e consuetudini vivaistiche sono
incompatibili con lo sviluppo dell’apparato radicale dei Pini, per la buona
conformazione e funzionalità del quale i primi anni sono fondamentali. Bisognerebbe dunque
tornare alle pratiche del passato, quando i Pini venivano allevati preservando
il fittone. Per ovvi motivi, tuttavia, ciò significa rinunciare al “pronto effetto”
mettendo a dimora esemplari giovani e, dunque, di modeste dimensioni. Siamo
quindi di fronte ad un problema più politico che tecnico o economico.
La potatura dei pini
mediterranei è un argomento assai complesso per molti Comuni. Molti addetti ai
lavori si trovano in difficoltà provocando danni irreparabili alle alberature.
Come si gestisce correttamente questo grande albero?
L’autodeterminazione della forma è la chiave per la corretta gestione di
tutti gli alberi, nel senso che l’albero lasciato crescere in condizioni
indisturbate non ha bisogno di interventi cesori, se non di indirizzo o blanda
correzione. Questo è ancora più vero nei Pini, la cui organizzazione architettonica epigea non è solo espressione di efficace
attività
fotosintetica, ma anche garanzia di stabilità strutturale. Gli stessi Pini
mediterranei presenti in Italia, tutti incapaci di produrre nuova vegetazione
da gemme dormienti o avventizie, con questa loro peculiarità ci dicono quanto l’intangibilità della chioma sia importante.
Elevazioni dell’impalcatura, cimature, svuotamenti e diradamenti sono tutti
interventi peggiorativi cui i Pini, spesso sono in grado di porre rimedio solo
parzialmente e temporaneamente. La potatura di queste specie, dunque, dovrebbe
trarre giustificazione solo da reali e documentate esigenze, nella
consapevolezza che, entro certi limiti, non potendo agire in modo
significativo, l’unica alternativa all’intangibilità del Pino è l’abbattimento.
Durante il maltempo che ha colpito recentemente l’Italia abbiamo
visto il disastro di Terracina in cui grandi pini domestici sono crollati su
macchine, persone e abitazioni. Anche a Roma ci sono stati numerosi crolli di
pini. Si possono prevenire questi disastri?
L’evento meteorologico eccezionale per durata o intensità è una sorta di grande “livella” che
impedisce di distinguere tra alberi strutturalmente integri ed alberi
problematici, esattamente come il verificarsi di un terremoto di magnitudo
straordinaria impedirebbe di distinguere tra edifici ordinari ed edifici
antisismici. Per questo agire nell’emergenza o nell’immediatezza di un episodio
come quello recentemente vissuto dall’Italia non è mai una buona scelta. Pensare che il
cedimento degli alberi sia un fenomeno totalmente eludibile è pura utopia, ma mantenere
gli alberi nelle migliori condizioni possibili è invece un dovere. E di questo si occupa
la buona arboricoltura. La convivenza con gli alberi, come ogni altra
circostanza della vita, comporta una certa dose di rischi; rischi che, se gli
alberi sono ben gestiti, risultano abbondantemente compensati dai vantaggi che
ce ne derivano. Non è diverso da quando prendiamo l’auto: sappiamo bene che la guida
comporta una certa quota di rischi che, comunque, decidiamo di correre in nome
della praticità del viaggio;
se poi decidiamo di viaggiare senza freni …
Qual è il futuro dei pini
mediterranei nell’epoca dei cambiamenti climatici? Ci può essere una pacifica
convivenza tra cittadini e questi alberi nel rispetto del paesaggio e delle
norme di sicurezza?
I cambiamenti climatici sono il vero problema. Il maltempo delle
ultime settimane ha mietuto molte vittime: alcune travolte dalle frane, altre
spazzate dalle esondazioni, altre ancora colpite dagli alberi. Ma terra, acqua
ed alberi non sono in sé assassini, sono solo strumenti occasionali delle estreme
manifestazioni della natura. Le vere minacce ci vengono dal luogo comune, dalla
semplificazione e dall’incompetenza che, purtroppo, mi pare che abbiano
governato il dibattito dopo gli ultimi drammatici episodi di cronaca.
Progettare, gestire e curare adeguatamente i luoghi in cui viviamo rappresenta
il primo e fondamentale presupposto per la convivenza. I Pini non fanno
eccezione.
Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio Onlus
資料來源:
http://www.conalpa.it/gestione-e-cura-dei-pini-intervista-a-giovanni-morelli/
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