QUANTO SEI CAMBIATO … O NO? Giovanni Morelli
QUANTO SEI CAMBIATO … O NO?
Gli alberi cambiano nel tempo e nello spazio seguendo logiche consequenziali e prevedibili, descrivibili attraverso gli strumenti della morfofisiologia.
Le fotografie ritraggono lo stesso Pino d’Aleppo - un magnifico esemplare radicato a margine della Chiesa di San Demetrio, non lontano dall’antica Acropoli di Atene - a sei anni di distanza.
In entrambi i casi l’albero, che può essere collocato allo Stadio epigeo 7 (Stadi morfofisiologici di P. Raimbault), presenta - come tipico della specie - una chioma già suddivisa in un gran numero di gruppi reiterati principali (indicati con le lettere dalla A alla U), a loro volta ulteriormente costituiti da reiterazioni totali di seconda generazione (non rappresentate). Alcuni di questi gruppi (indicati con le lettere dalla A alla L) costituiscono la “chioma permanente”, cioè quella destinata a permanere anche allo Stadio 8; gli altri gruppi andranno incontro ad un lento (lentissimo …) ricambio.
Il confronto tra le foto permette anche di apprezzare come il citato ricambio preveda il concorso sinergico di due processi: l’aumento del numero dei reiterati totali successivi nella chioma “permanente” (da A si generano A1 e A2, da A1 si generano A1.1 e A1.2, così via …) e una sorta di naturale “abbassamento” progressivo dei reiterati che costituiscono la chioma “temporanea”, destinanti ad un naturale ricambio. Nel tempo anche i reiterati totali inferiori di quella che oggi appare come la chioma “permanente” si abbasseranno fino a divenire parte di quella temporanea. In altre parole, la sommità del Pino produce continuamente reiterati totali che, pur se in una logica di progressiva miniaturizzazione, provvedono così al ricambio della massa fotosintetizzante.
In tutto questo l’inclinazione del fusto, peraltro invariata nell’intervallo di tempo considerato, assume carattere del tutto fisiologico, come espressione di naturale relazione tra architettura della chioma e architettura dell’apparato radicale.
Le foto, per la cronaca, derivano dallo studio morfofisiologico di questo splendido esemplare ai fini della determinazione della sua stabilità.
Pensare di gestire gli alberi senza una visione di lungo periodo, senza comprenderne i principi evolutivi, sia generali che specie-specifici, appare come semplice (incompetente) utopia, foriera di disastri.
Se non esistono valide e fondate ragioni, pensare di scardinare le regole dell'autodeterminazione arborea altro non è che un ignorante atto criminale!
#facciamoilmestierepiùbellodelmondo 🌿
P.S.
Con questo piccolo contributo concludo la breve trilogia sul Pino d'Aleppo (ma tanto ci tornerò sopra di sicuro, figuratevi ... 😉).
Il post, in particolare è dedicato agli amici e colleghi greci, così come ai loro splendidi alberi, che spero avrò presto occasione di incontrare nuovamente.
Perché la buona arboricoltura non ha confini!
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