CRONACA DI UN DISASTRO ANNUNCIATO

 CRONACA DI UN DISASTRO ANNUNCIATO

(foto da www.lanazione.it



Scrivo queste poche righe parafrasando Gabriel Garcìa Marquez, autore del capolavoro “Cronaca di una morte annunciata”. 

Stamani, e speriamo sia finita qui, il maltempo ha flagellato gran parte del Centro e Nord Italia, colpendo con una violenta tempesta soprattutto la Toscana, dove sono già due i morti accertati, pare entrambi colpiti da alberi.

E già mi vedo già i titoli dei giornali: “Albero killer”, “Ucciso da un albero”, ecc., titoli che evocano quasi una volontà da parte degli alberi di uccidere qualcuno. Nessuno si interroga, invece, sulle cause che, oltre all’evento estremo, hanno determinato lo sradicamento di diversi alberi e la rottura di numerose branche.

È chiaro che di fronte al lutto, un pietoso rispetto per le vittime sarebbe di dovere, ma ritengo, come feci dopo la tempesta Vaia, che sia opportuno dire la mia. 

La storia del libro succitato assomiglia molto a quanto accade in Italia, dove nessuno agisce (o solo pochi lo fanno, va detto per correttezza) per prevenire questo tipo di tragedie. È chiaro che il cambiamento climatico, con il susseguirsi di eventi estremi ha un ruolo fondamentale, ma ciò avviene anche causa dell’atavico fatalismo e della mancanza di quella necessaria prevenzione che dovrebbe stare alla base delle politiche gestionali e che il gestore pubblico (ma anche quello privato) dovrebbe avere come primo punto della sua agenda.

Manca, quasi sempre, anche un’anamnesi del singolo albero, di parte o dell’intero patrimonio arboreo, cioè la raccolta di tutte quelle informazioni, notizie e sensazioni che possono aiutare a indirizzarsi verso una diagnosi. Si preferisce trovare la soluzione facile, quella a portata di mano, abbattimenti e capitozzature, senza pensare che sono proprio quest'ultime, insieme agli scavi che distruggono l'apparato radicale, a indebolire gli alberi e a renderli meno stabili e a rendere anche problematica una valutazione della loro propensione al cedimento e al conseguente rischio più o meno elevato a seconda del target.

Abbiamo un patrimonio arboreo vetusto, provato da siccità sempre più lunghe e intense, spesso, come detto, debilitato da interventi di potature errati. A tutti piace puntare il dito indice contro qualcuno (soprattutto siamo sempre pronti ad accusare l’Amministrazione pubblica, senza mai interrogarci se anche noi qualche colpa l’abbiamo), ma valutare un albero è materia difficile e ancora condizionata da una certa dose di soggettività, per cui, anche se sono stati fatti notevoli passi avanti, siamo ancora lontani dall’avere certezze, ma possiamo dare solo lavorare in termini di probabilità che, peraltro, tiene solo in parte conto dell’evento eccezionale.

Non basta poi saper usare uno strumento o applicare una nuova tecnologia: gli alberi bisogna conoscerli e sapere che un tiglio, un platano, un pino reagiscono diversamente allo stesso evento e che la stessa specie si può comportare anche molto diversamente in funzione del sito di radicazione e degli eventi pregressi.

Quindi, come ripeto sempre, DOBBIAMO GESTIRE L'INEVITABILE, ED EVITARE L'INGESTIBILE. Allora cerchiamo di gestire al meglio il nostro patrimonio arboreo sapendo che possono esserci problemi con certe specie ed evitiamo in futuro di piantarle laddove potrebbero creare problemi e nelle situazioni in cui la competizione albero-manufatti potrebbe essere ingestibile. La soluzione sarebbe investire nella ricerca di nuovi approcci più oggettivi e sulla sicurezza e cominciare a studiare interventi per far sì che piante e strade possano convivere, anche dovendo dolorosamente sostituire filari problematici con piante più resilienti, efficienti ed efficaci, non solo quindi di tollerare gli estremi climatici, ma anche di produrre benefici in condizioni sfavorevoli, senza creare disservizi.

Il problema sta proprio nella parola “investire” che nella lingua italiana ha un significato molto diverso da “spendere” e finché le nostre amministrazioni e anche i cittadini non avranno ben chiara la differenza fra spesa e investimento non andremo da nessuna parte.

Non c’è dubbio che la crisi più pericolosa che dovremo affrontare è quella ambientale con le minacce che ci pone e ci porrà il riscaldamento globale che, come ho detto, non credo siamo veramente pronti ad affrontare, soprattutto se lo facciamo attraverso la logica dello scontro e non del confronto. 

Ricordiamoci sempre che:

1) Il dialogo è fondato sulla collaborazione; due o più persone lavorano insieme verso un’intesa condivisa. Il dibattito crea opposizione: persone o gruppi si oppongono e cercano, anche in modo surrettizio, confutando realtà acclarate. di dimostrare che la controparte è in errore.

2) Nel dialogo, l’obiettivo è trovare un terreno comune. Nel dibattito, l’obiettivo è vincere.

E ricordiamo sempre a noi stessi che solo perché gli alberi sono sempre là per noi, non significa che dobbiamo darli per scontati e ricordarci della loro presenza solo quando cadono, ma che dobbiamo gestirli adeguatamente, ricordandoci che ogni euro investito nella loro gestione, ha un ritorno minimo economico molto elevato.


資料來源:

Arboricoltura Urbana-Arboriculture and Urban Forestry di Francesco Ferrini

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